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Immagine del redattoreMarcello

Ad Astra. La nuova odissea di James Gray verso il nulla

In un futuro lontano e desolato, delle misteriose esplosioni provenienti da pianeti lontani danneggiano le stazioni spaziali costituendo un potenziale pericolo per il pianeta Terra. Le autorità competenti, sono convinte che l’origine delle esplosioni elettromagnetiche sia in qualche modo collegata ad una missione spaziale cominciata diversi anni prima da un coraggioso astronauta di nome Clifford McBride (interpretato da Tommy Lee Jones). Roy McBride, anche lui astronauta, sarà incaricato di ritrovare suo padre ai confini del sistema solare e capire cosa sia successo alla navicella del progetto “Lima”. Un lungo viaggio che poterà Roy a riconciliarsi con se stesso e con il padre che non ha mai avuto.


“Ad Astra” è il nuovo film di fantascienza firmato James Gray, presentato alla 76esima Mostra del Cinema di Venezia. Nonostante la grande attesa, l’interpretazione malinconica di Brad Pitt non convince pienamente il pubblico e la giuria del festival. Dopo la proiezione si può ben intuire il perché.

Città lunari, voli di linea per viaggi spaziali e confini di guerra sul suolo lunare: ecco il futuro secondo James Gray, che si avventura coraggiosamente in un genere non facile, abitato da giganti come Cristopher Nolan, Alfonso Cuaròn e Stanley Kubrik.

Le premesse sono buone. Le prime scene del film sono visivamente spettacolari: esplosioni in grande stile, inseguimenti a gravità zero e confini di guerra sulla faccia nascosta della luna. Un inizio travolgente che sfuma lentamente in un viaggio introspettivo del protagonista alla ricerca del padre (e di se stesso) nell’immensità dello spazio. Un viaggio che ricorda vagamente la ricerca del capitano Willard in “Apocalipse Now“, dove però questa volta l’intensità della vicenda sembra essere affidata unicamente ai primi piani di Brad Pitt e alla sua voce in voice-over a tratti superflua e ridondante.

Una sceneggiatura povera e un montaggio debole non aiutano di certo “Ad Astra” a riscattarsi. Anche dal punto di vista dell’originalità, sembra non riuscire ad offrire niente di nuovo rispetto ai suoi predecessori. Il rapporto con Dio, con la morte e con il vuoto sono elementi che abbiamo già visto in altri film di tutt’altro spessore, risultando così superficiale e approssimativo.

Insomma il nuovo attesissimo lungometraggio di James Grey rimane sicuramente un film piacevole, tecnicamente bello e ricco di immagini spettacolari, senza però riuscire ad andare oltre.

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