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At Eternity’s Gate, la recensione

At Eternity’s Gate è l’ultima opera del pittore e regista Julian Schnabel, approdato alla settantacinquesima mostra del cinema di Venezia, riuscendo a portare a casa la coppa Volpi per la migliore interpretazione del suo attore protagonista Willem Defoe.

Nel film un semplice racconto biografico degli eventi più conosciuti e -allo stesso tempo- più discussi della vita di Van Gogh. Una tematica sicuramente affrontata tante, o forse troppe volte, tuttavia, At Eternity’s Gate racconta i fatti in modo totalmente differente, avvicinandosi sempre di più alle opere e allo stato d’animo dell’artista.

“Tutti conoscono la storia di Vincent” chiarisce Schnabel. “Ciò che mi ha sempre colpito di Vincent è la sua forza nei dipinti, l’idea che mano a mano ci avviciniamo alle sue opere più percepiamo un senso di legame con ciò che ci circonda.”

Un opera sicuramente significativa per l’interpretazione della vita del pittore, ma sicuramente ancora più interessante dal punto di vista tecnico.

Il minimalismo voluto della sceneggiatura riesce a far emergere le sensazioni provate dall’artista immerso nella bellezza. Un soggetto non facile per Defoe, che tuttavia riesce ad interpretare magistralmente gli stati d’animo di Vincent, tanto da aggiudicarsi la nomination agli Oscar.

Un legame con l’eternità enfatizzato inoltre da una fotografia satura di colori ed incredibili paesaggi. Il tutto accompagnato da inquadrature sofisticate e un uso della macchina da presa molto elaborato che ha da sempre contraddistinto il cinema di Schnabel.

Un film insomma che riesce a proiettarci attraverso il grande schermo in un mondo differente: il mondo ricco di natura, bellezza e colori di Vincent Van Gogh.

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Marcello! è una testata giornalistica dedicata ai veri cinefili. A tutti coloro che amano il buio della sala cinematografica, l'odore dei pop-corn e la magia del grande schermo. Insomma, a tutti coloro che non riuscirebbero a vivere senza la settima arte.   

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