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Burning. Al cinema il nuovo e profondo film di Lee Chang-dong

Un lungo piano sequenza ci lancia in prima persona nella realtà caotica e frenetica di una metropoli coreana. In mezzo alla folla, in mezzo al traffico e alle luci a neon della città, i due protagonisti del film si incontrano, o meglio, si rincontrano per puro caso.


Jong Su, timido e solitario sogna di diventare uno scrittore di successo. Terminati gli studi, nell’attesa di trovare ispirazione per il suo grande romanzo, arrotonda lavorando part-time per una compagnia di consegne a domicilio. Ed proprio consegnando un pacco che incontra nuovamente Haemi, amica d’infanzia della quale però lui non ricorda pressoché nulla. Da questo momento la vita del giovane aspirante scrittore cambierà radicalmente.

Haemi è una ragazza spensierata la cui visione del mondo, leggera e sognante è molto diversa da quella di Jung Su. Frequenta una scuola di mimo e guadagna qualche soldo distribuendo volantini in costume. Una sera, con grande entusiasmo decide di mostrare a Jung Su le sue abilità da mimo, svelando così l’intera chiave di lettura del film: “l’importante è dimenticare che non esiste” (riferendosi ad una arancia invisibile che sta sbucciando).

Haemi non molto tempo dopo aver incontrato Jung Su, decide di partire per l’Africa. Al suo ritorno, è in compagnia di un giovane ragazzo, dall’aria “cool” sicuro di sé e con un passatempo alquanto bizzarro: cercare e bruciare delle serre abbandonate.

Insomma, l’idea di fondo -come suggerisce l’eroina nelle prime scene- sui cui si costruisce il film è quella di una realtà modellata secondo la nostra volontà, ed è proprio su questo che Lee Chang-Dong plasma il suo ultimo lungometraggio che attendavamo da tempo.

Perché si, sono passati ormai otto anni dall’ultima opera del regista coreano Poetry, premiato per la miglior sceneggiatura alla 65esima edizione del festival di Cannes. Approda oggi al nelle sale italiane con Burning, presentato alla scorsa edizione del festival di Cannes.

In Burning, com’è capitato in altre occasioni, Lee esplora la tematica dell’emarginazione dei suoi personaggi e il loro cammino verso una possibile redenzione. Burning, tratto dal racconto di Murakami “Granai incendiati” all’interno del libro “Un elefante scomparso e altri racconti”, ricorda in un primo momento il triangolo amoroso di Truffaut in Jules et Jim rivisitato in chiave moderna e ambientato in una corea lontana dalla Francia della Nouvelle Vague, per poi trasformarsi in un thriller di una profondità intellettualmente superiore: l’ambiguità tra il vero e il verosimile, e l’assenza (il gatto che Jung Su non riuscirà mai a vedere, la ragazza che sparisce senza più tornare e le serre che bruciano in campagna) sono le tematiche principali di cui si compone l’intero film.

Dal punto di vista della realizzazione, il regista coreano sembra curare i dettagli di ogni singola inquadratura, così come sembra prendersi del tempo per trasmetterci attraverso una narrazione estremamente lenta quell’atmosfera malinconica e silenziosa che lo caratterizza dall’inizio alla fine senza alcun tipo di caduta di stile.

Burning è insomma una metafora sul mistero della vita, un’incredibile poesia visiva in cui le tematiche vengono trattate con una rara delicatezza.

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Marcello! è una testata giornalistica dedicata ai veri cinefili. A tutti coloro che amano il buio della sala cinematografica, l'odore dei pop-corn e la magia del grande schermo. Insomma, a tutti coloro che non riuscirebbero a vivere senza la settima arte.   

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