CritiCult: Seven
Celebriamo insieme un poliziesco leggendario con note thriller e psicologiche. Pitt e Freeman insieme per fermare un serial killer che uccide dei peccatori. Vi dice qualcosa il titolo Seven?
Il film di cui parliamo esce nelle sale cinematografiche nel 1995 e diventa ben presto un vero e proprio successo sia al botteghino che per la critica. Parliamo del celebre Seven di David Fincher con Brad Pitt, Morgan Freeman, Gwyneth Paltrow e Kevin Spacey.
Leggere adesso tutti questi nomi basterebbe per collocare Seven tra i film da vedere nel caso mancasse nella propria collezione personale; ma questa fama non fu così scontata, all’epoca dell’uscita, perché con Seven sono nate della star.
Pensiamo al regista David Fincher che si trovava in un momento di stagnazione creativa dopo aver girato il terzo capitolo di Alien (film molto controverso rispetto ai precedenti e che aveva dato un po’ di grattacapi al regista) che, secondo la leggenda, avrebbe ricevuto per sbaglio la copia originale (con la quale circolava anche una versione modificata con un finale meno cupo) di un giovane e sconosciuto Kevin Waller (futura star della scrittura, ma che, all’epoca, aveva firmato solo due horror di serie B). Poi un cast che ci fa brillare gli occhi al solo citarli, ma che, ai tempi della produzione del film, non godevano dell'attuale fama: Brad Pitt aveva recitato in qualche film, ma non era ancora una star, Morgan Freeman era celebre, ma non abbastanza da creare hype e vendere tanti biglietti, mentre Gwyneth Paltrow e Kevin Spacey erano quasi del tutto sconosciuti.
Fincher si prende delle responsabilità scegliendo il finale meno scontato e fa centro!
Seven e la numerologia scientifica
In Seven scatta subito qualcosa e si intuisce sin dalle prime scene che il film sarà avvincente e ci incollerà allo schermo, in stile American Neo-Noir con contaminazioni contemporanee tipiche degli anni ‘90.
La trama è abbastanza semplice: negli ultimi sette giorni di servizio del detective William Somerset (Morgan Freeman) gli viene affiancato in servizio un giovane, carismatico e strafottente detective David Mills (Brad Pitt) trasferitosi con la moglie Tracy Mills (Gwyneth Paltrow). I due devono collaborare per effettuare il passaggio del testimone.
Questa convivenza lavorativa risulta difficile sin da subito, sia per alcune differenze caratteriali tra i due, sia per il gap generazionale che intercorre. Ad aiutare a superare alcune frizioni sarà proprio l’azione del killer che fa “ritrovare” dei corpi mutilati, lasciati in posizioni peculiari tanto da richiamare un esercizio di indagine forense classica con note di intellettualismo al quale saprà rispondere l’esperienza di Somerset.
Proprio Somerset intuisce che ci si trova di fronte ad un serial killer che cerca di comunicare con loro in un gioco a tempo dove chi vince determina la vita o la morte delle vittime scelte. Appena Somerset realizza che ci si trova coinvolti in una sfida biblica in chiave poliziesca, la numerologia inizia a lavorare per contribuire alla realizzazione di una trama incalzante ed avvincente.
Sette sono i peccati capitali (gola, avidità, accidia, lussuria, superbia, invidia e ira). Sette peccati per sette crimini efferati, quindi sette cadaveri e la corsa contro il tempo inizia!
Seven e lo stile narrativo
Il colori del film rispecchiano il tipo di narrazione e si fanno cupi e sporchi. L’ambiente vuole mostrare immediatamente una sorta di collante con le vicende, quasi a contribuire a spiegare e collocare il killer in un tutt’uno con il luogo nel quale vive. Il regista non lo condanna, ma nemmeno lo assolve, semplicemente lo inserisce in quel contesto di degrado morale e di corruzione e come un Deus Ex Machina lo lascia libero di commettere le sue nefandezze, ma, a quel punto, spinto dal desiderio di giustizia gli sguinzaglia dietro due segugi (Mills e Somerset) per stanarlo.
Chi insegue chi? Questo un altro degli elementi che si confondono in questa trama, perché se a tratti sembra evidente che la polizia e i nostri due detective stiano rincorrendo il criminale, capita anche di pensare che il killer si stia facendo avvicinare e si allontani di proposito e che, quindi, forse sia lui il predatore e loro le prede.
C’è però un momento nel film nel quale i due detective seguono una pista nel film che ci spiazza: i due detective stanno cercando un contatto con tutti coloro che avevano ritirato dalla biblioteca comunale una copia della Divina Commedia di Dante e ritrovano un nome destinato a ripresentarsi: John Doe (Kevin Spacey). Recandosi a casa dell’uomo il meccanismo di preda e cacciatore si inverte e il killer misteriosamente risparmia il detective Mills dopo un inseguimento tra i vicoli. Doe ha la possibilità di uccidere Mills , uno dei suoi due più acerrimi nemici, eppure lo lascia vivere e fugge, dileguandosi in quel groviglio di strade nel quale era stato inseguito ed aveva avuto la meglio. Perché?
Seven e la scena conclusiva
Ogni grande film ha un momento topico che ne segna la grandezza e lo consacra nell’Olimpo della storia. Per quanto riguarda Seven è certamente la scena conclusiva del film a far saltare ogni spettatore sulla sedia e portarsi le mani alla bocca. Lo sgomento è la chiave di volta.
Ma dobbiamo fare qualche passo indietro: i due detective hanno quasi preso il serial killer e ormai sono un duo affiatato (nonostante la loro collaborazione iniziata da pochi giorni!) che ha superato ogni diffidenza e incomprensione, e proprio mentre il commissariato era in fermento per trovare l’ assassino questi si presenta spontaneamente in caserma.
Non chiede sconti, è pronto a consegnare le ultime due vittime (sette peccati e, quindi, sette vittime, ma al momento ne mancano due all’appello) basta che il detective Mills lo accompagni ad una certa ora in un certo luogo fuori città.
Somerset intuisce che qualcosa non va ma le richieste verranno esaurite.
Culmine in Seven
A questo punto inizia la scena che concluderà il film e che, si dice, sia stata l’unica clausola che abbia determinato la presenza sul set dello stesso Brad Pitt. Voci di corridoio sostengono che l’attore abbia accettato la parte a patto che la scena finale fosse esattamente quella che era presente nella sceneggiatura (quella originale, non accettata dalla casa di produzione e erroneamente arrivata tra le mani di Fincher). La testardaggine del regista e dell’attore hanno permesso quel successivo crescente di pathos e adrenalina che caratterizza il film per come lo conosciamo.
Senza spoilerare più del necessario si può dire che gli ultimi due peccati capitali rimasti in sospeso verranno presentati al pubblico; con l' invidia e l'ira si completerà la lista.
Seven e il suo testamento
Cosa seguì dall’uscita di questa pellicola?
Questo film si colloca di diritto tra i migliori triller psicologici mai realizzati; per citarne altri potremmo parlare di Old Boy, L’Uomo senza sonno, Il silenzio degli innocenti...
L’esperimento creativo di Seven è stato acclamato dalla critica, che gli ha riconosciuto una trama e un incedere filmico continuo e avvincente. Per quanto riguarda le interpretazioni degli attori non possiamo non citare la colossale interpretazione di Morgan Freeman (che è stata una delle sue migliori in carriera), oltre che la viscerale ed irrequieta personalizzazione di Pitt. Il film ha funzionato perché ogni parte di esso ha realizzato un complesso di degrado e crisi mescolata alla perfezione, dove persino il continuo piovere evoca un desiderio di lavare via i peccati dell’umanità. Chi resiste a tutto ciò? Chi continua a credere che ci debba essere un motivo per continuare a vivere.
Sarà proprio la saggezza di Somerset a chiudere il film citando Hemingway “Se il mondo non fosse un bel posto, non varrebbe la pena di lottare per esso” per spiegare il motivo per quale continuare a sopportare nonostante tutto il male appena vissuto.
Con queste parole speriamo di avervi fatto venire un po' di voglia di rivedere Seven, questo capolavoro del regista David Fincher. Non ci resta che augurarvi una buona visione.
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