Green Book: un film che parla al cuore. La recensione

Siamo nei primi anni sessanta negli Stati Uniti. Kennedy cerca di eliminare il regime di apartheid in vigore negli Stati Uniti negli Stati del Sud. Con questo intento innovatore, un famoso pianista di colore decide di intraprendere una tourné proprio nelle zone dove il razzismo è più consolidato.

L’intellettuale nero e il buttafuori italiano Conscio dei rischi che può correre, assume una guardia del corpo/autista italo-americano che lo protegga nel suo viaggio. Il viaggio deve essere organizzato con una guida turistica speciale – il Libro Verde (Green Book) appunto – dato che  le persone di colore non sono autorizzate a utilizzare gli hotel dei bianchi americani.

Un “road movie” tutto americano Il film è un classico “road movie” americano – con una storia lineare – in cui i protagonisti partono avendo dei pregiudizi reciproci per poi cambiarli radicalmente uscendone trasformati. Tratto da una storia vera, l’amicizia che nascerà tra queste due persone è documentata a fine film con il loro reale album di fotografie.

Ambientazione magnifica, il film è molto interessante se visto in lingua originale perché la distanza culturale tra il pianista di colore e l’italo-americano è marcata dal loro accento.

Cosa mi ha lasciato: una colonna sonora che racconta, discretamente, la storia sociale di un paese

Suggerimento: elegante e piacevole

Musica come linguaggio del cuore L’elemento musicale è molto discreto ma presente. Difatti il pianista intellettuale  – avendo un cultura classica – è molto distante dalla musica popolare nera “soul” che sta emergendo in quegli anni. Così il rapporto con il suo autista gli permette di passare da una musica colta elitaria a conoscere il sound semplice, ritmato e coinvolgente della musica popolare americana. Musica i cui rappresentanti sono quasi tutti afro-americani!