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Martin Eden di Pietro Marcello: un film ricco di emozioni con qualche piccola caduta di stile

Di Fabio Tramontin

Martin Eden è un film ambizioso. E non potrebbe essere altrimenti, dal momento che il regista ha scelto di misurarsi con uno delle creazioni letterarie che hanno segnato il ‘900: l’uomo che si emancipa grazie alla cultura, raggiunge il successo, e ne rimane vittima. Visto da qui, dal nuovo millennio, è una figura che ritroviamo in tutto il secolo passato; ed infatti la scelta di Tommaso Marcello è di collocare la storia in un “non tempo”, o meglio, in un tempo in cui si riconoscono i segni dell’intero secolo. Così come il luogo non è la baia di San Francisco, ma un porto che ha la faccia e la voce di Napoli, ma potrebbe essere ovunque nel Mediterraneo.

La vicenda si snoda sostanzialmente fedele al romanzo. Martin , marinaio semi analfabeta, salva un ragazzo dal pestaggio; costui lo invita a conoscere la sua famiglia, lì incontra la sorella e se ne innamora. Diventerà l’ossessione della sua vita, ma non solo lei; anche il mondo alto borghese che rappresenta. Martin si dedicherà anima e corpo alla sua impresa, e con la consapevolezza arriveranno gli ideali, e poi anche il successo; ma non l’amore né la felicità.

Il film cattura fin dall’inizio. La verve istrionica e accattivante di Marinelli (la cui aria scanzonata delle prime scene ricorda Troisi) fanno entrare subito lo spettatore in sintonia con il personaggio. La formazione professionale del regista, autore di documentari importanti, si riconosce negli inserti di repertorio (autentici o falsi che siano) a commento della voce fuori campo. E nelle sequenze girate nei vicoli della città, la telecamera a mano e la scelta dei volti e dei luoghi che raccontano la miseria. Più ingessate sembrano essere le scene girate nella villa di Elena, ma c’è il sospetto che questa freddezza e senso di straniamento siano voluti.

Insomma, si procede con grande coinvolgimento fino al punto di svolta della vita di Martin, e quindi del film. In quel momento preciso, la storia sembra scorrere meno fluida.Il regista non sente il bisogno di spiegare i motivi del disgusto di Martin Eden per la vita, ma di colpo perde anche la semplicità che aveva caratterizzato la narrazione fino a quel momento. Certo è più facile raccontare l’ascesa che la caduta. E anche Marinelli, che della capacità di esteriorizzare una potente carica emotiva  ha fatto una delle ragioni del suo successo, nel momento in cui deve interpretare il male di vivere, diventa di colpo meno convincente. Anche a causa, a mio avviso, di un trucco che lo rende fin troppo grottesco. Ma il film resta bello, grazie anche ad una fotografia splendida, nelle diverse versioni ; ad una colonna sonora originale; e ad attori all’altezza, con menzione speciale per Carmen Pommella, nel ruolo di Maria. Luca Marinelli ha ampiamente meritato la Coppa Volpi.

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Marcello! è una testata giornalistica dedicata ai veri cinefili. A tutti coloro che amano il buio della sala cinematografica, l'odore dei pop-corn e la magia del grande schermo. Insomma, a tutti coloro che non riuscirebbero a vivere senza la settima arte.   

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