Mulholland Drive: la spiegazione del finale del film
- Marcello
- 26 mar
- Tempo di lettura: 2 min
Mulholland Drive di David Lynch è uno dei film più enigmatici e affascinanti del cinema contemporaneo. Uscito nel 2001, questo capolavoro del cinema onirico ha diviso pubblico e critica per la sua narrazione non lineare, le atmosfere surreali e soprattutto per il suo finale criptico. Ancora oggi, molti spettatori cercano online una spiegazione chiara del significato nascosto dietro gli eventi del film, desiderosi di comprendere cosa sia reale e cosa invece frutto di un sogno o di un’allucinazione.
Se anche tu ti sei chiesto cosa significhi davvero il finale di Mulholland Drive, sei nel posto giusto. In questo articolo ti guideremo passo passo attraverso le interpretazioni più condivise, le metafore ricorrenti e i simbolismi chiave, offrendoti una spiegazione chiara e dettagliata del finale di Mulholland Drive, per aiutarti a decifrare il mistero che avvolge la storia di Betty e Diane. Un po' come abbiamo fatto per il finale di The Substance o del triste finale di Anora, ancora al cinema.
La spiegazione del finale di Mulholland Drive

Il finale di Mulholland Drive segna un netto punto di svolta nella narrazione: rappresenta un punto di rottura radicale nella narrazione: è il momento in cui il velo del sogno si strappa e la realtà, cruda e dolorosa, prende il sopravvento.
Quella che inizialmente appare come una storia lineare, quasi fiabesca, è in realtà l’elaborazione onirica di Diane Selwyn, la vera identità della protagonista. Betty, la ragazza ingenua e piena di speranze, non è altro che un alter ego idealizzato, frutto della mente di Diane, costruito per fuggire dalla disperazione, dal rimorso e da un senso di colpa ormai insostenibile.
Quando l’illusione cede il passo alla verità, il film svela il suo volto più cupo: Diane è un’attrice fallita, devastata dalla gelosia e dalla fine della sua relazione con Camilla (la vera identità di Rita). Ferita, umiliata, consumata dall’ossessione, arriva a commissionare l’omicidio della donna che ama. Ma il crimine non cancella il dolore: al contrario, il suo inconscio comincia a restituirle immagini disturbanti, presenze simboliche come il cowboy o la sinistra coppia di anziani, fino a condurla al gesto estremo del suicidio.
Una possibile interpretazione del finale, però, suggerisce che tutto il film – sogno e realtà compresi – sia un’unica grande allucinazione mentale, una sorta di delirio psicotico vissuto da Diane negli ultimi istanti prima di togliersi la vita. In quest’ottica, i personaggi, gli eventi e persino l’atmosfera onirica non sarebbero una semplice distinzione tra sogno e realtà, ma un unico flusso di coscienza frammentato. Questa lettura spinge ancora più in profondità il senso di disorientamento del film, rendendolo un’esperienza immersiva nel subconscio umano, dove non esiste una verità oggettiva, ma solo percezioni alterate dal dolore e dal desiderio.
Mulholland Drive è insomma un viaggio spietato nei territori del desiderio frustrato, dell’identità frammentata e della colpa che logora. David Lynch orchestra un racconto labirintico dove sogno e realtà si confondono, costruendo un enigma emotivo che sfida lo spettatore. Eppure, grazie a queste chiavi interpretative, è possibile dare un senso coerente a uno dei finali più complessi e affascinanti della storia del cinema.
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