Oxygen: il film claustrofobico di Alexandre Aja
Se vi siete sentiti fisicamente intrappolati negli ultimi 14 mesi, vi sentirete come a casa in Oxygen (Oxygène), un thriller concettuale “locked-in-a-box” che riesce quasi interamente nel suo intento grazie alla preziosissima performance Mélanie Laurent: una donna senza memoria, intrappolata in una minuscola capsula criogenica.
Sono già numerosi i drammi di suspense che hanno beneficiato dell’escamotage della reclusione – Alien, Buried, Locke, Gravity, The Descent e Room solo per cominciare. Alexandre Aja con Oxygen però, ha stabilito stabilito un nuovo standard per il confinamento stretto. L’intero film è ambientato all’interno di una camera angusta, simile a una cabina di pilotaggio, abbastanza grande da ospitare l’unico personaggio visibile del fil: Liz, un medico della criogenia (la scienza della rianimazione delle forme di vita), dopo essere stata mantenuta a basse temperature.
Riprendendo coscienza, Liz si ritrova in ambienti freddi dominati da un labirinto di fili, tubi e attrezzature mediche. Abbastanza plausibilmente, date le circostanze, chiede ad alta voce: “Cosa sta succedendo?”, la risposta da una voce metallica: “Non posso soddisfare questa richiesta per ora“.
Da qui in poi, bloccata in un sarcofago, Liz ha bisogno di trovare qualche espediente. Dato che la sua memoria è stata cancellata, cerca di rinfrescarla rapidamente richiamando immagini del suo passato, tra cui scene di natura nostalgica e momenti con suo marito. A differenza dell’insidioso Hal di 2001, tuttavia, la loquace entità disincarnata nota come M.I.L.O. (per Medical Interface Liaison Operator) si rivela essere un tipo utile se le si parla correttamente, rendendo possibile a Liz di raggiungere il mondo esterno con il suo telefono, una strana svista da parte dei suoi rapitori, sembrerebbe.
La grande preoccupazione è che il livello di ossigeno nella piccola camera di Liz sta scendendo velocemente – dopo mezz’ora, è scesa solo al 31% – quindi deve pensare e parlare molto velocemente se vuole avere qualche speranza di sopravvivere.
Non sarebbe giusto rivelare molto di più, a cominciare da se o come Liz manovra una situazione terribile a suo vantaggio in una cornice così stretta. Molto più che da qualsiasi plausibilità narrativa, il moderato grado di successo del film deriva dalla performance di Laurent e dal modo in cui Aja e il direttore della fotografia Maxime Alexandre mantengono il film visivamente vivo in ogni momento senza scivolare in eccessi di spettacolarità. Ad ogni occasione, la macchina da presa sfreccia e si carica come un insetto, un tratto che Liz stessa sembra assorbire nel suo folle sforzo di capire cosa sta succedendo e cercare di sopravvivere.
L’offerta di Netflix, che è debutta il 12 maggio, è sicuramente un film che funzionerebbe meglio per un pubblico prigioniero in un teatro buio, anzichè a casa dove si può mettere in pausa, fare una pausa o prendere una birra. c’è abbastanza qui per tenervi coinvolti, in particolare quando la telecamera si ritrae in una maestosa rivelazione dell’ambiente che circonda la capsula. Gli effetti visivi sono brillanti, ma l’effetto più indispensabile è l’elemento umano della performance di Laurent – a tratti sconvolto, disperato, determinato e pieno di risorse.
Frame di Oxygen
I temi principali del film sull’isolamento, la lotta per comunicare e le zone grigie etiche del progresso scientifico sono particolarmente rilevanti per un pubblico del 2021. Senza spoilerare troppo, la domanda su cosa farebbe l’umanità per perpetuarsi riceve una risposta complessa. Oxygen chiede allo spettatore di considerare l’etica della sopravvivenza quando questa avviene a costo della vita umana. È uno dei tanti dilemmi posti dal film, che si eleva al di sopra di altri thriller dando a Liz scelte sempre più difficili man mano che la trama procede. Liz deve decidere cosa è vitale per la qualità della sua vita e cosa può essere scartato.
Oxygen insomma parla di una donna che lotta per la sua vita. Come tale, i trionfi in miniatura di ogni grande film di sopravvivenza sono presenti. Quando Liz rompe con successo il braccio di una macchina che cerca di sedarla, il pubblico applaude la sua piccola vittoria. È come guardare Matt Damon che fa crescere le patate in The Martian, o Tom Hanks che strappa un dente marcio in Castaway. C’è qualcosa di speciale nel guardare personaggi nelle peggiori circostanze, spinti dall’istinto evolutivo, o dall’amore, o dalla speranza, o dal dispetto. Liz è intrappolata da sola in un luogo sconosciuto, e il tempo sta per scadere. Ma in qualche modo, troverà un modo per vivere.
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