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Immagine del redattoreMarcello

Ritratto della giovane in fiamme di Céline Sciamma. Ecco cosa pensiamo

La pittura è sguardo, il cinema è sguardo. Nel continuo intreccio tra l’antica e la moderna arte  dell’immagine, Céline Sciamma ha costruito il suo film, premiato a Cannes per la migliore sceneggiatura. Sembra sia stato a lungo in lizza per miglior film, ma poi ha prevalso Parasite. Ed il motivo è tutto nelle scelte di regia.

Intendiamoci, il film è bello. Il riferimento a Jane Campion salta agli occhi nella prima scena ( l’avventuroso sbarco sull’isola di Lezioni di Piano)  così come  nell’ultima (la lunga inquadratura fissa sul volto della protagonista  in Ritratto di Signora).Ed è un riconoscimento sincero alla grande regista neozelandese.  Ma anche la storia lo è: una vicenda di donne in epoca lontana.  Fine Settecento,  una pittrice di talento viene chiamata su un’isola selvaggia a largo della Francia, per lavorare ad un ritratto che determinerà il destino della famiglia. La modella è una giovane bellissima ragazza, proposta in sposa ad un ricco signore di Milano; ma l’uomo  non si sa decidere, quindi ha chiesto un ritratto.

La ragazza è restia, non vuole accettare, ha già rifiutato di posare per altri. Per questo, la madre prega l’artista di dipingere “a memoria”, cercando di riportare sulla tela quello che vede durante le giornate trascorse insieme.

Inizia così un gioco di sguardi: indagatori da parte della pittrice, sconcertati quelli della inconsapevole modella. Ma l’occhio qualche volta porta alla conoscenza, e la conoscenza all’amore. Fin qui la vicenda, premiata.

La distanza da Parasite, e dalla Palma d’Oro,  emerge dalla scelte stilistiche di regia.

Tutto vorrebbe essere perfetto: le inquadrature e la luce si rifanno a modelli pittorici ambiziosi, Vermeer e Ingres. I dialoghi risultano tanto rari e asciutti da essere densi di aforismi. La musica compare una volta sola, ed è Vivaldi, un movimento dell’Estate.  Il mito non può essere che Orfeo e Euridice, gli amanti destinati a non vivere il loro amore.

Tutto ben fatto, persino coraggioso. Tutto perfetto. O quasi.

Perché la Sciamma non si sporca mai le mani.  La scena dell’aborto viene stemperata, se non idealizzata, dalla presenza di un lattante sullo stesso letto di dolore. E  le due amiche, non ancora amanti, sentono il bisogno di immortalare tutto in un dipinto che sia esemplare della condizione femminile.

Gli uomini. Dal momento che sono un problema, semplicemente non esistono.

Eppure, dicevamo, il film è bello. Il limite ? Non essere la Campion. Nel senso che, per la grande maestra, l’uomo è un problema, e lo si deve mostrare. La violenza esiste, e non si deve  nasconde. Tutto qui. Ma è più difficile raccontare il mondo come è, piuttosto che immaginarne uno che non esiste.

Brave le attrici. La pittrice, Noémi Merlant, dallo sguardo asimmetrico e la bocca perennemente corrucciata, pronta  trasformarsi in un timido sorriso.

La modella, Adèle Haenel, la cui bellezza altera comunica il coraggio della sua condizione di condannata all’infelicità. E infine Luàna Bejrami, nei panni di  una giovane domestica carica di dignità, pur nella sofferenza.

Resta il mistero di Valeria Golino, nei panni della madre. Ma è un mistero che dura da anni.

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