Roma di Alfonso Cuaròn: un capolavoro da guardare e riguardare
Di Fabio Tramontin
Colonia Roma è il quartiere di Città del Messico dove è nato e cresciuto il regista, nella grande casa di famiglia: quattro fratelli, una nonna, i genitori, le domestiche e un cane.
E’ il 1970, anno di grandi cambiamenti per il Messico. Cuaròn è adolescente, e assiste alla separazione dei suoi genitori: il padre, un medico che sta lasciando la famiglia, e la madre, casalinga con quattro figli, incredula e attonita per quello che le sta accadendo.
Cosa mi ha dato: la gioia dei grandi capolavori della storia del cinema.
Suggerimento: da vedere più volte
Ma il centro della vicenda è Cleo, la giovane domestica che parla mexteco, infantile e ingenua ( e forse per questo adorata dai ragazzi) che dovrà crescere di colpo, affrontando una gravidanza non voluta e la fuga dalla responsabilità del padre biologico della bambina. E sullo sfondo, le tensioni sociali del Messico post olimpiadi e padrone di casa dei mondiali di calcio.
Tutto qui, la trama di Roma non è altro. Quanti ne abbiamo visti di film fatti di storie così ?
Eppure Roma è un capolavoro. Perché i ricordi del regista, pur rimanendo così intimi e personali, si sublimano in sentimenti universali nel dolore di una moglie abbandonata, di ragazzi spaesati, di una famiglia da ricostruire.
E soprattutto, nello sguardo attonito di Cleo, nel suo mutismo di fronte ad una vicenda più grande di lei; ma al contempo nella sua determinazione di voler portare avanti la vita che ama e non permettere a nulla e nessuno di portargliela via, anche sopportando conseguenze drammatiche.
E così la vicenda della famiglia si dipana con uno sviluppo certamente prevedibile, ma condotto con un sentimento poetico che rende lirico anche il gesto o la presenza più banali: la sveglia dei ragazzi al mattino o il passaggio dell’arrotino in strada.
Come è riuscito Cuaròn a comunicare con tanta forza e meraviglia il suo sentimento ?
Attraverso uno sguardo che è sempre denso di affetto, ma mai nostalgico.
Riducendo al minimo i dialoghi (anche per motivi tecnici, essendo molti attori non professionisti). Descrivendo i protagonisti sempre attraverso i loro comportamenti e scelte (memorabili, in tal senso, le scene della manovra di ingresso della Galaxy nello stretto cortile da parte de marito prima e della moglie poi, a mostrare i loro stati d’animo senza una riga di dialogo).
Scegliendo un bianco e nero morbido e luminoso, che immerge tutto in una atmosfera fantastica (Cuaròn è anche direttore della fotografia, il suo collega di fiducia era impegnato e non si fidava di nessun altro).
E infine, capacità tipicamente registica, attraverso la costruzione di scene memorabili girate con la Arri Alexa 65 mm digitale, con uno straordinario uso della profondità di campo, che ti fa assistere agli eventi e contemporaneamente parteciparvi.
Sembra che Cuaròn , una volta raggiunta la notorietà e il successo economico attraverso la fantasy (Harry Potter, I figli degli uomini, Gravity – Oscar per la Regia-) abbia finalmente coronato il suo sogno, il film che si portava dietro da una vita.
Roma è un capolavoro perché non ha niente di più e niente di meno per essere tale.
Roma ha vinto il Festival di Venezia è candidato a 11 Oscar (mai accaduto per un film straniero) e non è stato ammesso a Cannes per la polemica del Festival con Netflix, non ritenuto un produttore cinematografico.
Ritengo sterile e perdente la posizione della grandi catene distributive italiane, che lo hanno boicottato. Non saranno le sale a determinare il successo o la sconfitta di Netflix (che nelle previsione e nelle speranze degli azionisti sbancherà Hollywood), bensì le scelte che la grande casa di produzione on line farà per arrivare al numero di abbonati che si prefigge.
Le sale indipendenti che lo hanno distribuito (tra cui la Cineteca di Bologna) hanno il film ancora in programmazione a fine gennaio, nel momento in cui scriviamo. A dimostrazione che la diffusione on line, partita il 14 dicembre, non ha cannibalizzato il pubblico in sala.
Scene che mi hanno colpito: tante, troppe. Ma se devo indicare due preferenze (meno è impossibile): quella della sala parto, con la neonata in secondo piano e lo spettatore che assiste con la madre.
Il climax finale, lo straordinario e shoccante piano sequenza del salvataggio in mare.
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