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Strange Way of Life, Pedro Pascal ed Ethan Hawke in un western? Sì, grazie

Il cortometraggio Strange Way of Life, uno dei primi del grande cineasta spagnolo nel genere western, è bellissimo. Come tutte le cose troppo belle però, è troppo bello per essere vero.


Cos'è "Strange Way of Life"?

La proiezione è iniziata con un'introduzione al cast e al regista, ma prima, Thierry Frémaux (presidente del Festival di Cannes) ha intrattenuto la platea spiegando che aveva discusso poco prima con Pedro Almodóvar a proposito di una nuova iniziativa: Cannes vorrebbe promuovere ogni anno cortometraggi di autori di grande fama, gli habitué della Competizione ufficiale.


L'idea consentirebbe di valorizzare un'arte troppo spesso sottovalutata, se pensiamo che i grandi nomi potrebbero solo giovare a questo settore regalando la giusta visibilità.


Ed è esattamente qui che si inserisce il nuovo film di Pedro Almodóvar, Strange Way of Life. Un cortometraggio realizzato tra due lungometraggi, finanziato dalla nuova casa di produzione di Yves Saint Laurent (che ha prodotto ovviamente anche i costumi del corto). Si tratta del secondo film realizzato in lingua inglese del regista spagnolo - dopo un altro cortometraggio, "The Human Voice", interpretato dall'immensa Tilda Swinton.


Ovviamente, essendo un western firmato Almodóvar, ritroviamo tutti i suoi elementi cinematografici, tra cui le dinamiche turbolente dell'amore ma inserite in un contesto totalmente nuovo: il polveroso (ma composto) far west.


Perché è bello?

È probabilmente più difficile scrivere un cortometraggio che un lungometraggio, e ancora di più per registi abituati a grandi schermi. Bisogna riuscire a creare personaggi, renderli almeno un minimo affascinanti, costruire una storia, tutto ciò in tre, quattro, cinque o addirittura sei volte meno tempo del solito.


Forse è proprio questo il punto debole del film: Almodóvar, che non abituato a questo esercizio stilistico, si trova costretto a dialoghi molto condensati, forse troppo. Non c'è spazio per l'ambiguità, si deve capire rapidamente qual è il passato tra i due personaggi e perché si ritrovano ora. Ad una prima visione può sembrare abbastanza innaturale, ma ripensandoci è una svista che si perdona volentieri.


Non dimentichiamo infatti che è il primo prodotto cinematografico dell'immensamente prolifico regista (attivo da quasi quarantacinque anni, per favore) nella lingua di Shakespeare. Anche se parla molto bene l'inglese, ha comunque dovuto scrivere un'intera sceneggiatura in una lingua non sua. Non è di sicuro un'operazione semplice.


Il bello, è che tutto sembra funzionare perfettamente nella nostra nuova coppia preferita. Bisogna dire che molto si gioca negli sguardi, nell'intensità di alcune frasi e nella sensualità di alcuni gesti. Come, d'altronde, accade spesso con Almodóvar. Perché si, va sottolineato e apprezzato: nonostante la barriera linguistica, nonostante gli attori hollywoodiani di grande calibro, nonostante un genere (il western) non propriamente suo, Strange Ways of Life rimane puramente Almodóvar.


Come? Attraverso la ripresa di un tema caro all'autore: una storia d'amore omosessuale sincera ma turbolenta. E tanto quanto il tema, anche la messa in scena gioca un ruolo fondamentale. I colori vivaci del suo cinema sono propri sono lì, ancora una volta sullo schermo. La composizione dell'inquadratura, quei piani sul volto che occupano tutto lo schermo, quei piani in cui ognuno occupa metà dell'immagine (uno sullo sfondo, l'altro davanti) sono anch'essi presenti. È puramente Almodóvar, ma in una veste del tutto nuova.


In sostanza, la vera frustrazione è che avremmo volentieri voluto stare seduti in sala per tre, quattro o cinque volte la durata del corto.



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Marcello! è una testata giornalistica dedicata ai veri cinefili. A tutti coloro che amano il buio della sala cinematografica, l'odore dei pop-corn e la magia del grande schermo. Insomma, a tutti coloro che non riuscirebbero a vivere senza la settima arte.   

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