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The Irishman. Il nuovo memorabile gangster movie di Martin Sorsese

Di Fabio Tramontin

Al termine della lunga carrellata iniziale , attraverso i corridoi di un ospizio,vediamo Frank Sheeran (De Niro) trascorrere gli ultimi anni della sua lunga vita su una sedia a rotelle. E’ rimasto solo, gli amici se ne sono andati prima di lui, così come la moglie. Le figlie non lo vogliono più vedere.

Guarda in macchina e inizia a raccontare. E’ irlandese, come Henry Hill, il protagonista di Quei bravi ragazzi. Ma Frank non aveva la stessa ambizione, non voleva fare il gangster a tutti i costi. Ci si è trovato, per una serie di coincidenze: il caso lo ha portato fi li. Fino ad essere l’uomo di fiducia del boss Russ Bufalino (Joe Pesci) ; e il guardaspalle, poi amico, di Jimmy Hoffa (Al Pacino) il fondatore e capo del più grande sindacato del mondo, i Teamster. Il racconto attraversa sessantt’anni di storia americana, dai primi anni ’60 fino ai giorni nostri. La mafia, gli intrecci con la politica, il presidente assassinato, l’altro incriminato. Tutto raccolto nella vicenda di Jimmy Hoffa, eliminato dalla mafia perché troppo ingombrante.

Un personaggio cui Al Pacino ha dato un carattere di bonaria umanità: energico, capace di grandi slanci, battagliero. Unico lampo in un mondo di criminali spietati, ma anche cupi e malinconici. Le cose vanno come devono andare, ripete Bufalino,” It is what it is“.Tutto è scontato, si fa quello che si deve. Sembrano già vecchi, anche da giovani. Già alla fine, quando sono all’apice del potere. Non c’è neanche la famiglia a dare una parvenza di normalità. Le mogli fumano distanti. I figli guardano e giudicano, silenziosi.

Scorsese ha voluto fare un film con i suoi vecchi amici, per la prima volta sullo schermo insieme. Sono loro al centro di tutto: i lunghi dialoghi in classico campo e controcampo; i primi piani; il tanto discusso (e costosissimo) “ringiovanimento digitale“, che gli ha consentito di averli con sé.

De Niro ha modellato il suo personaggio su di un silenzioso e inesorabile senso del dovere, che ricorda il giovane Michael Corleone di Coppola.

Joe Pesci, attento a togliere, a sottrarre. A comunicare i suoi ordini bisbigliando; a decidere un’ esecuzione con sguardo rassegnato. L’umanità è tutta in Jimmy Hoffa, cui Al Pacino ha conferito dignità di sentimenti e un’incrollabile quanto ingenua fiducia in se stesso.

Martin Scorsese ha diretto un film sulla fine di un mondo che conosce alla perfezione, che ha raccontato lungo tutta la sua inarrivabile carriera.

Tutto è finalizzato a comunicare li senso di una inevitabile disfatta. E’ lo scorrere del tempo che giudica e, nel loro caso, condanna. Innanzitutto l’uomo, poi l’onnipotente criminale. Ma a quello ha pensato la giustizia.

La scuola di cinema di Scorsese è tutta condensata nella magistrale sequenza dell’omicidio di Hoffa. Non c’è commento musicale, nessuna enfasi. La decisione è presa, non contano il rispetto, l’amicizia, le bugie raccontate per telefono alla moglie disperata. It is what it is.

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Marcello! è una testata giornalistica dedicata ai veri cinefili. A tutti coloro che amano il buio della sala cinematografica, l'odore dei pop-corn e la magia del grande schermo. Insomma, a tutti coloro che non riuscirebbero a vivere senza la settima arte.   

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